Il calcio alza la voce e chiede una quota sulle scommesse
Nel 2024 la questione delle scommesse sportive e del riconoscimento di una quota alle società calcistiche è tornata prepotentemente al centro del dibattito.
Forti pressioni sono state esercitate sul Governo da parte del mondo dello sport e delle istituzioni affinché venga stabilita una percentuale della raccolta scommesse da destinare ai club di calcio, in relazione alle puntate effettuate sugli eventi delle rispettive competizioni.
A sostegno di questa linea si è schierato il Ministro dello Sport Andrea Abodi, dichiarando che "bisogna introdurre l'assegnazione agli organizzatori degli eventi sportivi italiani di una quota della raccolta scommesse, in modo da inserirli nella catena del valore e non escluderli dai benefici economici, che oggi vanno principalmente allo Stato e ai concessionari".
Dello stesso avviso il presidente della Lega Serie A Lorenzo Casini, che ha ricordato come "il calcio contribuisca in modo rilevante agli introiti del settore del betting ma non ne riceva alcun ritorno, a differenza di quanto avviene invece in altri Paesi come Francia".
Particolarmente critico nei confronti del Governo si è mostrato il presidente del Torino e influente figura del pallone italiano Urbano Cairo, il quale ha attaccato duramente l'esecutivo sostenendo che "lo Stato non dà il minimo aiuto al calcio nonostante il comparto delle scommesse valga 16 miliardi di euro l'anno, dai quali le società non ricevono neanche un centesimo".
Un segnale che evidenzia come il mondo del pallone italiano abbia alzato decisamente i toni nella richiesta di un equo riconoscimento economico in relazione a un business che fa girare cifre considerevoli.
Le scommesse e il reale peso della Serie A
Nel 2022 le scommesse sulla Serie A hanno rappresentato solo il 14,8% del totale delle giocate degli appassionati italiani. Un dato simile a quello delle competizioni internazionali organizzate da FIFA e UEFA che hanno raccolto il 14,9% delle puntate.
Questi numeri contraddicono quanto affermato dal presidente della Lega Serie A Casini, secondo cui "il calcio contribuisce ampiamente agli introiti del betting". In realtà Fifa e Uefa, così come altri grandi campionati, avrebbero altrettanto diritto - se non di più - a rivendicare una quota delle scommesse. Ciononostante, non l'hanno mai fatto.
La Serie A pesa senza dubbio sul comparto delle scommesse sportive, ma non in modo preponderante rispetto ad altre manifestazioni.
Se il calcio italiano cerca nuove entrate, la strada della tassazione del settore scommesse è errata. Quest'ultimo versa già all'erario 620 milioni l'anno di imposte e un ulteriore aumento rischierebbe di penalizzare le imprese con probabili riduzioni di organico. Il futuro del pallone tricolore passa da soluzioni diverse.
Nuove prospettive per il calcio e lo sport
La Serie A e tutto il calcio italiano non possono fare affidamento sulle sole scommesse sportive per incrementare i propri ricavi. È necessario prendere in considerazione strade alternative.
Una possibilità potrebbe essere quella di rivedere il divieto di pubblicità e sponsorizzazione per le società del settore del gioco pubblico. Questo consentirebbe di ripristinare importanti partnership interrotte, con benefici non solo per i grandi club ma anche per le realtà minori e dilettantistiche.
Secondo uno studio dell'Istituto Superiore di Sanità, solo il 19,3% dei giocatori è condizionato dagli spot pubblicitari. Per questo, una rimozione del bando anche solo per le pubblicità istituzionali non andrebbe ad alimentare il problema della ludopatia che potrebbe insorgere in diversi ambiti, incluso quello dei Gratta e Vinci.
Dunque, ripensare a pubblicità e sponsor legati alle scommesse potrebbe offrire nuove possibilità di finanziamento al calcio e, in generale, allo sport italiano, senza compromettere la salute pubblica. Una strada da valutare con attenzione assieme alle istituzioni.
Redatto da: Roberto Trasfiordo